SCELTA DEL GIUSTO MODELLO DI AZIENDA FAMILIARE

RICHIESTA DELL’IMPRENDITORE: LA MIA AZIENDA PADRONALE È NELLA CONFIGURAZIONE CORRETTA?

 

Scelta del modello organizzativo in un’impresa familiare: il caso di transizione dal Team Padronale alla Famiglia Dirigenziale
Un imprenditore ha chiesto una valutazione della configurazione organizzativa della propria azienda familiare: il modello attuale è ancora adatto a sostenere crescita, coesione e continuità?
L’analisi ha riguardato proprietà, governance, ruoli familiari, comunicazione interna e gestione delle criticità. La diagnosi ha confermato l’appartenenza al modello “Team Padronale”. Alla luce di alcune fragilità emerse, è stata proposta l’evoluzione verso il modello “Famiglia Dirigenziale”, con l’obiettivo di rafforzare la governance, preparare la successione, ridurre i conflitti e promuovere lo sviluppo delle nuove generazioni.
Il documento illustra il percorso di analisi e il piano operativo di transizione.

Analisi della Struttura e della Gestione

L’impresa è a totale partecipazione familiare. Il fondatore detiene la maggioranza, mentre le restanti quote sono suddivise tra moglie e figli. È un assetto frequente nelle PMI familiari, che favorisce controllo diretto ma richiede attenzione in prospettiva generazionale.

La gestione operativa è presidiata dai familiari: il fondatore è Amministratore Unico; i due figli seguono rispettivamente operations e vendite/marketing; la moglie coordina amministrazione e finanza. I ruoli derivano più dalla posizione familiare che da una valutazione oggettiva delle competenze. Questo comporta il rischio di inefficienze o rigidità nelle fasi di crescita.

Il coinvolgimento quotidiano della famiglia è alto e diretto. Questa intensità operativa, se non formalizzata, può generare sovrapposizioni o ambiguità di ruolo, specie in contesti di espansione o riorganizzazione.

Le retribuzioni dei familiari risultano superiori a quelle dei dipendenti, ma non esistono criteri formali per la loro definizione. È un elemento critico che, se non gestito con trasparenza, può alimentare frizioni interne o percezioni di ingiustizia.

Processo decisionale e assetto di governance

La direzione strategica è nelle mani del fondatore, con consultazioni informali dei figli. L’assenza di una procedura codificata può rallentare le decisioni in momenti critici, generare incertezza o creare zone d’ombra nella distribuzione delle responsabilità.

Non esiste un Consiglio di Famiglia formalizzato: le questioni rilevanti vengono discusse in contesti informali, spesso in modo reattivo. Questo approccio, seppur familiare, non garantisce continuità, né fornisce un luogo neutro per affrontare divergenze o piani a lungo termine.

Analogamente, l’azienda non dispone di un Consiglio di Amministrazione. Il fondatore si avvale del supporto dei figli e, occasionalmente, di consulenti esterni. La mancanza di un CdA strutturato limita la possibilità di introdurre competenze esterne, visione strategica indipendente e criteri oggettivi di valutazione.

Non ci sono accordi formali che regolano la gestione aziendale tra i membri della famiglia. L’assenza di patti condivisi rende più probabili malintesi, aspettative non allineate e conflitti latenti.

I conflitti vengono gestiti in modo consensuale, ma in caso di blocco decide il fondatore. È un equilibrio precario che funziona fintanto che il ruolo del capo è indiscusso: serve una struttura imparziale per sostenere la coesione in fasi delicate.

Visione strategica e continuità generazionale

La visione di lungo periodo è oggetto di confronto tra i membri della famiglia, ma non esiste un documento condiviso che la formalizzi. L’assenza di un riferimento scritto limita la coerenza strategica, in particolare quando le priorità si diversificano o emergono nuove opportunità.

Gli obiettivi aziendali sono chiari: crescita commerciale, innovazione di prodotto, equilibrio finanziario. Tuttavia, non esiste un piano strategico che colleghi questi obiettivi a scelte operative e strumenti di monitoraggio. Il rischio è una frammentazione degli sforzi o un rallentamento nell’esecuzione.

La successione non è mai stata affrontata in modo strutturato. Non esistono criteri, ruoli futuri definiti o percorsi di preparazione. È un nodo centrale, spesso evitato, che espone l’azienda a forti rischi in caso di eventi imprevisti o tensioni relazionali.

I giovani familiari sono già presenti in azienda, ma senza una visione chiara del loro percorso evolutivo. Questo limita il loro coinvolgimento attivo e può generare frustrazione o dispersione di energie.

Infine, l’innovazione viene gestita in modo reattivo, attraverso decisioni estemporanee. Manca un processo strutturato per raccogliere stimoli, selezionare priorità e portare a terra iniziative con continuità.

Formalizzazione delle pratiche, misurazione e supporto esterno

La gestione è fortemente orientata all’esperienza diretta e all’improvvisazione. Non esistono manuali operativi, procedure codificate o strumenti standard per il governo dell’impresa. Questo riduce coerenza, replicabilità e capacità di risposta in situazioni complesse.

Il monitoraggio delle performance si basa su indicatori economici e produttivi basilari. Manca un sistema integrato di misurazione che includa aspetti organizzativi, qualitativi e di sviluppo. La lettura della performance è dunque parziale e poco utile per orientare strategie a medio-lungo termine.

La formazione è affidata all’apprendimento sul campo. Non sono previsti percorsi strutturati per la crescita dei familiari in azienda. Questo approccio, se non affiancato da strumenti formativi, può ostacolare l’ingresso in ruoli manageriali più complessi.

La comunicazione interna segue due canali: familiare-informale da un lato, strutturato con i dipendenti dall’altro. Questa disomogeneità crea differenze percettive e rende difficile mantenere allineamento e fiducia trasversale.

Infine, i consulenti esterni sono coinvolti solo saltuariamente e in modo tattico. L’assenza di un advisor stabile impedisce di portare uno sguardo esterno continuativo e neutrale, utile a supportare la famiglia nelle decisioni strategiche.

Ipotesi iniziale: presenza di un modello “Team Padronale”

Dalla diagnosi emerge chiaramente un assetto riconducibile al modello “Team Padronale”: gestione centralizzata, forte presenza familiare nell’operatività, scarsa formalizzazione della governance.

Questo approccio garantisce velocità decisionale e coesione nel breve termine, ma presenta limiti in prospettiva di crescita, continuità e apertura a competenze esterne. L’adozione di un modello più strutturato appare necessaria per affrontare le sfide future con maggiore solidità.

Conferma dell’appartenenza al modello “Team Padronale”

L’analisi è stata approfondita per validare l’ipotesi iniziale. La delega ai familiari è parziale, il processo decisionale rimane informale e centralizzato. Il Consiglio di Amministrazione non è presente. L’operatività resta in gran parte in capo alla famiglia.

Questi elementi confermano l’inquadramento nel modello “Team Padronale”. È un assetto stabile ma vulnerabile in contesti di trasformazione o crescita: serve un’evoluzione che formalizzi la governance e ridistribuisca in modo più chiaro le responsabilità.

Valutazione dell’alternativa “Gruppo di Investimento”

È stata considerata l’ipotesi che l’azienda potesse essere ricondotta al modello del “Gruppo di Investimento”. La famiglia, pur gestendo più asset, non adotta un approccio finanziario né una logica di diversificazione strategica. Il business principale rimane operativo e diretto.

Adottare questo modello comporterebbe un cambio radicale: distacco dall’operatività quotidiana, orientamento alla logica patrimoniale, governance da holding. La famiglia ha escluso questa opzione, preferendo mantenere il controllo diretto e dismettere in futuro le attività non coerenti con il core aziendale.

Le principali criticità del modello attuale “Team Padronale”

Leadership accentrata – Il fondatore concentra su di sé tutte le decisioni strategiche. Questo limita la responsabilizzazione degli altri membri della famiglia e rende vulnerabile la continuità generazionale.

Governance informale – Mancano strutture di confronto e decisione condivisa (CdF, CdA). L’assenza di questi strumenti riduce la capacità dell’impresa di gestire scenari complessi e divergenze interne.

Nessun piano di successione – L’assenza di una roadmap chiara per il passaggio generazionale espone l’impresa a rischi imprevisti. Il tema è sentito ma rimandato, per imbarazzo o conflittualità latente.

Comunicazione ambigua, gestione reattiva dei conflitti – La comunicazione familiare è spesso implicita o emotiva. I conflitti emergono tardi, vengono gestiti caso per caso e restano senza un processo strutturato di risoluzione.

Formazione assente o occasionale – I membri della famiglia apprendono “sul campo”, ma mancano percorsi mirati per prepararli a ruoli di responsabilità crescente. Questo compromette la crescita delle nuove generazioni e rallenta l’evoluzione del modello aziendale.

Proposta di evoluzione: transizione verso il modello “Famiglia Dirigenziale”

Dall’analisi emerge la necessità di passare a un modello più maturo di governance. La famiglia ha manifestato apertura verso un’evoluzione organizzativa che consenta di rafforzare le strutture decisionali e pianificare la continuità.

Il modello di riferimento è quello della “Famiglia Dirigenziale”: prevede l’introduzione di un Consiglio di Famiglia e di un CdA con presenza esterna, la formalizzazione della successione e un nuovo equilibrio tra coinvolgimento diretto e delega. È un passo che comporta scelte coraggiose e investimento in nuove competenze, ma che consente di mantenere l’identità familiare dell’impresa, superandone i limiti strutturali.

Esclusione del modello “Corporazione”

Nella pratica consulenziale, è utile proporre modelli alternativi anche quando sembrano meno applicabili. Questo consente alla famiglia di valutare in modo consapevole le implicazioni di ogni possibile configurazione.

Nel caso analizzato, è stato presentato anche il modello “Corporazione”, che prevede la separazione completa tra proprietà e gestione e un forte ricorso a manager esterni nei ruoli chiave. Tuttavia, questo approccio richiederebbe una struttura organizzativa avanzata e un cambiamento culturale radicale, che oggi non rispecchia gli obiettivi né l’identità del sistema familiare.

La famiglia ha quindi escluso questa opzione, preferendo un percorso evolutivo graduale: mantenere un controllo diretto ma aprirsi selettivamente a competenze esterne, in una logica di professionalizzazione progressiva.

Motivazioni e obiettivi della transizione verso la “Famiglia Dirigenziale”

Rafforzare la governance – L’introduzione di CdF e CdA consente di portare più trasparenza e oggettività nelle decisioni, riducendo la dipendenza da logiche personali e rafforzando la capacità dell’impresa di affrontare sfide complesse.

Garantire la continuità generazionale – Formalizzare la successione significa ridurre incertezza, preparare per tempo i futuri leader e rendere l’impresa più resiliente a eventi imprevisti o tensioni familiari.

Coinvolgere attivamente la famiglia – Definire ruoli e responsabilità con chiarezza aiuta a valorizzare i contributi di ciascun membro e a costruire relazioni più stabili. Questo crea coesione e rafforza la motivazione interna.

Gestire i conflitti in modo strutturato – Meccanismi formali di gestione dei conflitti riducono il rischio di escalation e favoriscono un clima collaborativo, che sostiene le decisioni condivise.

Sviluppare le competenze – Investire nella formazione dei familiari è indispensabile per prepararli a ruoli chiave e per sostenere una crescita che sia ordinata, professionale e duratura.

Piano operativo per l’adozione del modello “Famiglia Dirigenziale”

Fase 1 – Avvio (Primo trimestre)
> Costituzione del Consiglio di Famiglia, con ruoli definiti e calendario regolare.
> Avvio del processo di successione: individuazione dei successori, definizione dei criteri e degli strumenti formativi.

Fase 2 – Strutturazione (Secondo trimestre)
> Passaggio dall’Amministratore Unico a un CdA con composizione mista (familiari + membri esterni), previa modifica dello statuto.
> Introduzione di meccanismi formali di gestione dei conflitti e momenti di formazione dedicati.

Fase 3 – Formalizzazione (Terzo trimestre)
> Standardizzazione delle pratiche gestionali e dei processi decisionali.
> Attivazione di percorsi di sviluppo e mentoring per i familiari coinvolti nell’impresa.

Fase 4 – Verifica e adattamento (Quarto trimestre)
> Monitoraggio dei risultati delle nuove strutture (CdF e CdA) e aggiustamenti evolutivi.
> Revisione periodica del piano di successione sulla base dell’avanzamento dei percorsi individuali.