In tanti settori, tutti parlano di qualità. La rincorrono, la sbandierano, la misurano fino all’ultima cifra. Ma a forza di inseguirla, si finisce per dire tutti le stesse cose. E quando tutto sembra uguale, nessuno spicca davvero.
Il problema? La qualità è diventata scontata. È il minimo sindacale. Come pretendere applausi per aver fatto il proprio lavoro. Non basta più dire “siamo i migliori”: lo dicono anche gli altri, con le stesse parole, gli stessi slogan, gli stessi report patinati.
A far girare la testa non è chi fa tutto alla perfezione, ma chi sa raccontare qualcosa di diverso. Anche con un’idea semplice, magari imperfetta, ma chiara e coerente. Quella che ti fa dire: “Ok, questi li riconosco subito.”
Oggi non si tratta di alzare l’asticella, ma di cambiare gioco. Perché in un mercato dove tutti alzano la voce, vince chi riesce a farsi ascoltare con un tono unico. Anche sottovoce.
